Le chiese dimenticate

Una civiltà silenziosa, ingegnosa e operosa, fu la civiltà “della frescura e del silenzio”… un popolo misterioso e affascinante che per quattro secoli abitò le grotte di Puglia. La natura del luogo con le gravine dai dirupi che s’inabissano fino a trecento metri, è sempre stata teatro di fughe e di nascoste alcove, lontano dalle vie consolari percorse dagli eserciti. Le grotte, rifugio sicuro dalle continue colonizzazioni prima dei Bizantini, dei Goti, dei Longobardi, degli Slavi e dei Franchi, dei Saraceni e ancora dei Bizantini. Poi arrivarono dalla Grecia i monaci di San Basilio incalzati dagli arabi di Ibrahim e dalla “guerra delle icone”, che lacerava Bisanzio, e furono proprio loro ad abbellire il mondo sotterraneo con le chiese che ancora oggi costituiscono una grande pinacoteca sotterranea. Incredibili sentieri scavati nel tufo, gradini, cunicoli vedevano, al sorgere del sole, un popolo di uomini che sbucava dalle viscere della terra per compiere le operazioni di vita quotidiana, per poi richiudersi, al tramonto, nelle loro città sotterranee. Città caratterizzate dalla loro originale architettura “in negativo” (interamente nel tufo), secondo schemi urbanistici comunque razionali e funzionali alle esigenze della popolazione. Tutto il materiale di costruzione l’offriva la terra ed era materiale duro e resistente, presente ovunque in abbondanza: la pietra. Così letti, mensole e sedili, vasche, lucernari e stalle tutto in pietra, e mulini, frantoi, prigioni, botteghe, farmacie e mirabolanti acquedotti che sfruttavano le naturali fessure per incanalare l’acqua in molteplici punti. E infine i luoghi di culto, presso Mottola, più di trenta che si nascondono agli occhi d’inesperti osservatori. Le Chiese Rupestri sono quasi tutte orientate secondo un preciso schema liturgico, le absidi verso Oriente…Santa Margherita, San Nicola, San Gregorio… Ecco i monumenti di quello che dovrebbe essere uno dei parchi naturali e archeologici più importanti del centro sud. Invece, queste meravigliose chiese sepolte nella roccia versano in uno stato di completo abbandono. Nella maggioranza dei casi sorgono su terreni di privati e quindi è veramente difficile poterle visitare. Eppure, all’interno di queste chiese, gli affreschi ancora risplendono di fede, ancora invocano pietà contro la noncuranza degli uomini… molti santi rappresentati hanno la testa mozzata, altri gli occhi cavati dai picconi (nella foto a sinistra: Santi nella chiesa di S. Nicola). Prendiamo per esempio San Nicola, probabilmente scavata nel IX-X sec., che contiene il più ricco e prezioso insieme di tutto l’habitat rupestre pugliese. Posto nei pressi di antiche strade consolari, il Santuario fu oggetto della devozione dei crociati e dei pellegrini che si recavano in Terra Santa. Abbastanza curato nella escavazione e nei particolari architettonici è noto per la rilevanza e la bellezza dei suoi “affreschi” ripuliti nel 1972, che l’hanno fatta definire la “Cappella Sistina” della civiltà rupestre nel Meridione d’Italia. Vi sono rappresentati lo stile appulo-greco, comunità d’appartenenza del santuario; quello latino-occidentale con influenza benedettina; quello con i santi del calendario bizantino. Spicca su tutti il magnetico Pantocrator in Deesis (nella foto sotto), sulla grande parete in fondo al vano absidale: la Vergine e Giovanni Battista in preghiera d’intercessione al Cristo in trono a mezzo busto assiso al centro, fra di loro. È una sintesi della più estesa raffigurazione del Giudizio Universale, quasi sicuramente opera di un artista greco, risale alla fine del 1100. Le altre pitture che ornano i sottarchi e le nicchie perimetrali rappresentano non solo temi liturgici, come il martirio di santo Stefano, la morte di Giovanni evangelista, ma anche temi di propaganda religiosa contro Costantinopoli. La rarissima raffigurazione duecentesca in medaglioni della parabola evangelica delle Vergini Stolte e Prudenti. L’interno luminoso, conferma la razionalità dello scavo raggiunta dagli architetti popolari. È un tesoro inestimabile quello che ci viene negato, un tesoro lasciato in mano ai legittimi proprietari che ne fanno uso come rimessa per gli attrezzi agricoli, un tesoro che si sta sfasciando nel tempo. Com’è possibile che la Sovrintendenza non si curi di un tale patrimonio? Com’è pensabile che nell’anno del Giubileo, quando tutti i finanziamenti possibili e immaginabili sono stati stanziati per opere di minor pregio, non si sia fatto nulla per inserire questo parco archeologico in divenire nei percorsi dei pellegrini? Come mai nessun ente s’interessa a realizzare questo parco archeologico? Perché si preferisce perdere un tale patrimonio? Sono domande che non trovano soddisfazione, domande che si perderanno nel tempo…proprio come lo sguardo ieratico del Pantocrator!