In memoria di Balthus

Rimarranno assopite, le fanciulle di Balthus, o semisdraiate, con indolenza, o continueranno a guardare dentro uno specchio, (Nude with arm raised, 1951 – Balthus. Olio su tela, collezione privata.) dove noi, riusciamo appena a vedere la loro immagine riflessa: resteranno, così, non bloccate, ma ferme, perché nei quadri di Balthus il tempo, o almeno il trascorrere dei momenti come siamo abituati a intendere, non entra con irruenza, né i gesti vogliono suggerire o anticipare un improbabile svolgimento dell’azione. Un “altro” tempo, una sensazione quasi soprannaturale, impasta i colori, sedimenta una superficie che non aspira all’eternità, semplicemente perché non concepisce lo sgretolarsi, il perire. Ha appena tredici anni quando una raccolta di quaranta suoi disegni, Mitzou, viene pubblicata, con l’introduzione di Rainer Maria Rilke: è la storia del suo gatto, affidata ai fogli e già rivela un talento fuori dall’ordinario, che non sfugge al poeta; l’esordio vero e proprio sarà negli anni Trenta e le sue opere dall’inspiegabile fascino arcaico, pervase da una sensualità diluita negli sguardi vuoti, non passano inosservate: La lesson de guitarre (1934) desta scandalo, ma anche La Rue (oggi l’opera è al MoMA di New York), che pare un affresco quattrocentesco, curiosamente catapultato nella Parigi contemporanea, fa parlare. Balthus è un pittore figurativo ed è una scelta inattuale che non ha il suono della sfida, ma la sicurezza di un’affermazione.
Parlando di lui, in una recente intervista, Jean Clair ha detto: “Ha conservato il senso della bellezza in un’epoca che la rifiuta”; Balthus è anche questo, un artista che gioca in modo aristocratico con il suo mito, che ripete, ripercorre i suoi temi (innumerevoli gatti, donne – bambine, stanze irreali…), che, probabilmente sicuro dell’effetto, modula le medesime suggestioni, che pare non inventare, non rinnovare, ma che, intanto continua a dipingere, a custodire l’idea di un bello già espresso. È rimasto estraneo a ogni corrente, in una sorta di esilio da qualsiasi rumore: dopo gli anni trascorsi come direttore di Villa Medici a Roma, il ritiro, quasi una dichiarazione definitiva, nello chalet di Rossinière. Balthus è morto il 18 febbraio scorso. Nel settembre 2001 Palazzo Grassi gli dedicherà una grande mostra retrospettiva.