Una Colonna

Una sola colonna, ferma nel tempo da secoli, ferma contro il mare! Uno spettacolo meraviglioso è quello che appare agli occhi, una colonna dorica alta otto metri si staglia contro il blu del cielo e del mare. Siamo a Capo Colonna noto anche come Capo Nao, (situato circa a un chilometro a sud della città di Crotone), su questo promontorio sorgeva il Tempio di Hera Lacinia, di cui quest’unica colonna superstite rimane a testimonianza (nella foto a destra: Colonna del tempio di Hera Lacinia). Il tempio ne contava quarantotto, di stile dorico periptero, esastilo, era circondato da un recinto sacro munito di una grande porta monumentale e di torri di difesa. Così spiega Placanica: “Sorse un grande tempio, dedicato ad Hera Lacinia doveva essere pari allo splendore preteso dall’occasione e dai tempi: dipinti raffinati, profusione di marmi, statue di dei e di atleti, colonne d’oro e tavole di bronzo con iscrizioni e, tutt’intorno, un bosco sacro…” Era uno dei massimi santuari e meta di pellegrini provenienti da tutto il mondo greco. Peccato non poter sapere, se non con l’immaginazione, come doveva essere l’impatto con questa meraviglia del VI sec. A. C. Immaginate di vederlo lì davanti a voi come il Partenone, con l’unica differenza che il promontorio di Capo Colonna ha un paesaggio molto particolare, infatti il tempio era ubicato esattamente sulla scogliera che scendeva a picco sul mare, in un punto certamente obbligato per la navigazione. Una meraviglia. Parlandone con un mio amico crotonese pensammo che sarebbe stato stupendo poter vedere il tempio nella sua integrità e lui, che è un grafico, mi confessò di avere nel cassetto una ricostruzione virtuale del tempio. Mario Nicoletta, è questo il suo nome, ha cominciato a lavorarci su, ha effettuato ricerche in biblioteche, contatti con archeologi e anche con il Comune di Crotone, le immagini che vedete (nella foto sotto: Ricostruzione al computer del Tempio di Hera Lacinia di Mario Nicoletta.) sono il (momentaneo) frutto di quest’impegno.
Certo sono immagini riguardanti l’esterno dell’edificio e sarebbe bello poter continuare per allestirne anche l’interno, ove si trovavano statue dei più famosi olimpionici, pitture di Zeusi, are votive e un ricchissimo tesoro che fu trafugato dai siracusani quando occuparono la città. Dal santuario di Hera Lacinia proviene il cosìddetto tesoro di Hera, un vero e proprio patrimonio di capolavori, tra i quali il famoso diadema, d’oro, la sirena, la sfinge alata, la gorgone, la barchetta nuragica e un’infinità di doni votivi che attestano quale celebrità il santuario godesse nel mondo antico. La tradizione ci dice che nel suo interno si ergeva una colonna tutta d’oro massiccio, realizzata con doni votivi, della quale lo stesso Annibale avrebbe voluto appropriarsi se un sogno premonitore non lo avesse dissuaso dal farlo. Di questo santuario parlano numerose fonti letterarie, tra cui Virgilio. “Hinc sinus Herculei, si vera est fama, Tarenti Cernitur; attollit se diva Lacinia contra… “, dice Enea, raccontando il suo viaggio periglioso alla regina che l’ascoltava. Grande fama dunque ha avvolto il Tempio di Hera Lacinia, fama perduta nel tempo, negli anni che si susseguivano, nei cambiamenti radicali della società. Spoglio delle sue tegole di marmo, trafugate da Flavio Flacco per ricoprire il Tempio della Fortuna a Roma e poi riconsegnate, il Tempio di Hera Lacinia sopravvisse sino alla venuta del vescovo Antonio Lucifero (1508-1521) che lo fece demolire per utilizzarne i materiali per la costruzione del nuovo episcopio. Nel 1638 erano rimaste solo due colonne, una fu abbattuta dal terremoto di quell’anno, l’altra é la superstite che resta a simbolo del grande tempio. Ed è da quest’unica colonna che il moto dell’anima s’è mosso nella ricostruzione virtuale di una fama mai sopita nei cuori dei discendenti della Magna Grecia, annichiliti d’innanzi allo sfacelo del Tempo.