Mark Kostabi: l’apparenza non inganna

Mark Kostabi è un quarantenne californiano di origini estoni che dal 1982 è immigrato a New York per cercare fama a fortuna e dopo alcuni anni di sacrifici e fatiche è riuscito a imporsi al grande pubblico. Un artista creativo e un compositore ambizioso, Kostabi è il nuovo Andy Warhol, capace di catturare l’attenzione dei media più per le sue trovate pubblicitarie che per il suo modo di fare arte. Nel suo studio di New York ci sono almeno diciotto collaboratori che lavorano per lui, studio che vuole riprendere il modello della “Factory” di Warhol appunto. Un punto di ritrovo, una fucina di idee, una mecca artistica. La sua volontà di emergere a tutti i costi, tipica degli anni ’80, si insinua come un serpente nei cunicoli più impervi della cultura di massa. Comunicatore efficace di una società persa nella perenne ricerca di sé stessa, una società dell’apparire più che dell’essere. Anche per questo le presenze umane delle narrazioni pittoriche di Kostabi sono sorte di manichini privi di volto, immagini che appaiono ma non sono. Perché in realtà in un’opera d’arte noi non vogliamo vedere la realtà, ma una fuga dalla realtà. Il colore, la luce, l’idea, la figura, la composizione, il titolo, l’ironia e la firma. Tutto questo per Kostabi costituisce una sua opera, opera che nasce cercando dentro sé stesso negli archivi della curiosità. Siamo tutti uguali, ciò che ci differenzia è solo la forma, l’arte deve essere un linguaggio universale privo di limitazioni, un riflesso della paura che ha la società nei confronti dell’individualità. Egli si ispira a De Chirico, Dalì, Robus, Schlemmer, Hopper e Nadelmann miscelati a dovere per creare un cocktail esplosivo di fantasia con i fumettisti Stan Lee (il celebre ideatore di Spider Man) e Steve Ditko. Kostabi rappresenta il futuro, o meglio una proiezione futura. Un terzo occhio posto sulla fronte dell’arte. Un artista egocentrico, vanesio, ironico e terribilmente materialista. La sua produzione è impressionante e i suoi cambiamenti repentini poiché per lui il tempo è denaro. Per ulteriori informazioni: basquiat@infinito.it. (Foto in alto: The woman at the window, 1995 – foto in basso: Upwardly mobile, 1997.