Capire l’universo intellettuale di Bruno Munari e le sue circonvoluzioni di forme significa fare piccoli passi di lato all’esperienza comune, scoprire svelate con la naturalezza di un gioco semplici affinità di significato conosciute ma difficili all’espressione, apprezzare lo sforzo intellettuale di una piccola modificazione dei termini del problema. Era “Quello” che tra le righe di una disciplina di progetto severa e attenta a strutturare coerentemente i processi di composizione, insegnava a evitare i vincoli di una creatività solo lirica o artistica o fantastica; a giocare e vagare tra le forme, verificandone di tanto in tanto le coerenze semantiche e di fruizione aspettando una convergenza improvvisa verso un oggetto determinato. Non si deve per forza pensare a un’idea, si può anche lasciarla venire fuori dall’esplorazione dello spazio; il convergere a un certo punto dei riferimenti, dei messaggi che si vuole trasmettere, delle forme raggiunte per educazione di gusto suggerirà il modo di finire la composizione. Un artista gentile che attraverso le sue opere multiformi puntava a un rinnovamento della partecipazione del pubblico all’opera d’arte, pensava a un’evoluzione sperimentale del gusto sul campo, voleva educare a riconoscere un teorema al di là dei vizi estetici consolidati. Operazione difficilissima che trova il massimo ostacolo nella civiltà sovraccarica di segni e linguaggi, satura di messaggi visivi banali e simulacri: vedere è sempre riconoscere quello che si sà e l’educazione alla norma preclude la partecipazione all’eccezione. Un delicato lavoro di cesello mentale più che molto manuale condotto attraverso una esplorazione divertita delle forme e gioco ovunque presenti, ma anche serio rigore da adulto per scremare il risultato; forte autocritica ma anche il divertito trascinamento di un vivace intellettualismo. La vita di Munari è stata l’esempio più convincente della sua trasversalità di pensiero espressa con la leggerezza di un gioco, si è occupato incessantemente dell’articolazione in forma attraversando tutte le arti e le tecniche, sperimentando le varie possibilità di una data teoria verso una visione d’arte che comincia e finisce nell’uomo, e appartiene alla storia e allo sviluppo della mente umana. (Foto in alto: Abitacolo – Bruno Munari. Produzione Robots s.p.a. Compasso d’oro 1979. Cm. 83 x 194 x 206 – foto in basso: Sedia per visite brevissime, 1945 – Bruno Munari. Produzione Zanotta Spa, cm. 110 x 35 x 20).