È maniera la sintesi formale che chiude la rappresentazione figurata dell’opera di Thal. Lo stesso cerca delle potenze periferiche, che conducono l’osservatore a pensare alla forza estrema come gesto formale. Dispone le azioni per gruppi, capitolando i momenti e le movenze rappresentative di un esame visivo che sa scegliere i poli esistenziali dell’elemento, come strumento dell’essere. Varianti cromatiche accedono con frequenza al semplice spazio aereo che gravita su ogni opera pittorica. Un segno lacerato dalla frenesia della mano dà accesso a dicotomie, che documentano i passaggi dell’energia e che corrono da un estremo all’altro della superficie. La direzione che versa questa forza è uno strumento passivo che chiarifica lo stato e la dimensione dello spazio. Al contrario la potenza della traccia pittorica non va a spegnersi, ma vanifica lo spazio, dove si abbandona a sé sfumando con misura il taglio del tratto.
Non dico che si chiudano con Thal le rappresentazioni dell’informale, anche se le notificazioni restano alla base di questa passata corrente di ricerca. Si spegne invece in lui l’atmosfera, il crudo intervento concettuale dell’informale. Crolla la tenacia di questo pensiero che alla fine degli anni Sessanta inseguiva con cura e attenzione le vestigia di nuovi materiali d’analisi. Giovanna Nicoletti parla di una costante pulsazione, di andamenti centripeti e centrifughi che percorrono gli spazi del dipingere. Franco Sepe parla invece dei simulacri, delle griglie telematiche, di ragnatele e di onde emanate da una spirale in lento avvitamento. Le aree operative di Carlo Thal non si possono qualificare come tavoli della mente, i quali occupano senza impedimenti il soggetto prioritario come tema, perché questo ha l’assoluta autonomia nell’essere presente come elemento dominante sulla rappresentazione dipinta. Thal ha trovato diversi moventi espressivi per dichiarare atto formale lo storcere della materia. Ora questa distesa organica sostituisce e va a bocciare la ricerca dell’espressione, la quale consentiva, un tempo, nel reprimere alle facoltà visive dell’occhio ciò che serviva al caso per comprendere l’ignoto. Quelle forze, che dividono i campi visivi in superficie dai cromatismi, trovano così la prova e il grado dello spirito di Carlo Thal. L’artista non si abbandona a sé come all’opera, ma cede la sua condizione morale a una sorta di ricerca concettuale. Lo stato dell’essere, in questa circostanza, va visitato parzialmente, perché solo una parte recisa del pensiero di Thal va a colpire la condizione dell’umano. Esso non cerca l’energia dalle sue torri di controllo per dare immagine al movimento, ma tenta di trovare una condizione statica, l’effettiva proprietà della corrente. Questo presupposto gli permette di giungere a una completa sintesi formale. Si deve considerare oggi il raccolto di vita di questo artista per comprendere il risoluto sforzo del suo concedersi. Spesso i giudizi critici non ospitano questa considerazione, eppure l’artista sente la stretta esigenza di spalleggiare quest’interrogativo. Carlo Thal è nato nel 1959 a Trento. (Foto: Senza titolo, Carlo Thal).