La presenza scultorea di Roberto Facchinelli

Ottimo è l’operato scultoreo del giovane artista trentino. L’architettura e la pittura lo hanno accompagnato fino ad oggi, raccogliendo consensi e meriti. Da qualche anno studia all’Accademia di Belle arti “G. B.Cignaroli” di Verona. La scultura è mezzo portante della sua ricerca, ovvero linguaggio idoneo a una sperimentazione plurima e aperta a sviluppi in altri lidi o in altri campi. Si è inserito molto bene nella cultura sociale del trentino e sono eccellenti i rapporti con gli studiosi dell’arte contemporanea. Sta cercando, ora, diverse strade per divulgare con intelligenza il prodotto finito: la scultura. La materia e la tecnica per lavorare quest’ultima sono strumenti indispensabili per affrontare questo vasto campo. Predilige per ora l’argilla, tenero materiale di facile malleabilità; ma è forse il bronzo, per Facchinelli, la meta da raggiungere. La figura umana nella scultura va a sommare l’ammontare di dipinti creati negli anni precedenti. Una figura umana consentita, o meglio un frammento di figura: le pose e le armonie delle stesse fanno tacere l’osservatore, racchiudendo in esse cavità lunari. Le forme delle sontuose sculture di Facchinelli sorprendono, per piccole che siano, chi le osserva. Ricche di curve, tagli e se mi concedete, “scalini” che contemplano la contemporaneità. Figure dai volti assenti. La melanconia di queste articolate figure umane segna le tematiche di questo artista. Uomini e donne caratterizzano le volute forme di questi busti. È una presenza scultorea quella di Facchinelli che sorprende. Evoluzioni antropomorfe caratterizzano questi uomini che aspettano un divenire alato, divino. Disegni, olii, progetti, accompagnano lungo il sentiero artistico il pensiero di Facchinelli. La pulizia e i cromatismi segnici sembrano quasi rappresentare i misteri e i piaceri che si possono trovare sondando i corpi con la mente. È un attento osservatore l’artista preso in questione. Si muove bene, attraversando con estremo rigore le difficili classi sociali. Non vuole solo rappresentarsi, ma vuole anche rappresentare con massima cura le persone e le attenzioni di quest’ultime. Interagire con gli ambienti, gli stati sociali e gli spazi da lui conosciuti. Sono per lui strumenti di vita che servono per affrontare con energia e sapienza l’altro, il prossimo. Facchinelli discute di sé, e fa discutere. Un animo dolce, ma inquieto che insegue e che si fa inseguire sempre alla ricerca di qualcosa, anzi di qualcuno che lo ascolti nel merito come nella vita. Non ci si danna a incocciare contro l’operato di Facchinelli, perché mette in luce le sembianze e i valori reconditi di questa contemporaneità che noi oggi non riusciamo a capire. È una luce chiara e alle volte sporcata da quei frammenti che lui definisce passati, o meglio che appartengono a un presente che non è più di nessuno. Quando la luce, le voci, e i disegni spariscono dalla quotidianità, le poesie o le righe scritte lungo quella vertigine che noi chiamiamo paura, compaiono su un taccuino di viaggio che descrive inevitabilmente la mancanza recisa. Questo nel presente è Facchinelli. (Nella foto: Senza titolo, 2000, particolare).