Indiscussa è l’espressione dettata dagli sguardi. I ritratti del Maestro Storico Aldo Caron (classe 1919), hanno raggiunto con sapienza l’inconfutabile supremazia dell’essere. Forse è meglio chiamarli solo per ora, busti. Loro non vivono il presente, ma si presentano con un pizzico di succinta autorità, la quale altera lo stato e il voluto degrado dei tratti e della somatica Caroniana. È possibile così far fronte a ciò che solitamente si dice in gergo: “sanno parlare”. Loro sanno muoversi nello spazio da soli, ma non parlare. Ci si domanda come, e la risposta che ci disorienta si avvale di una semplice e mediata fonte, quale, l’anima.
Aldo Caron ha studiato a Milano con M. Marini, ed è bene dire, che ha esaminato con cura e per lungo tempo il proprio operato, facendo nascere sotto la luce della capitale le sue più grandi opere, considerate parte del ‘900 italiano. L’anima è di difficile lettura per essere interpretata. Caron è riuscito a codificare questa lettura e a far leggere il senso dell’espressione visiva, o meglio, lo stato d’animo. Ora si può parlare di ritratti perché questi convengono a uno spazio, remoto, abitato. Chi sa leggere in questa guisa le sculture di Caron ha la fortuna di poter conoscere i moventi dell’anima e lo zelo fisiognomico dei ritratti. Questi ultimi, sono riconosciuti da innumerevoli strutture cartacee di altissima qualità. Le fusioni del Maestro ci ricordano lo spazio, la vuota area del cosmo. Si innalzano come forti strutture, arrampicanti, didascaliche nell’immenso. Da non dimenticare che queste fanno anche loro parte del nuovo millennio, come il “Momento del fenomeno” sta alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma. Caron nell’arco della sua formazione, in qualità di artista, critica per molteplici vicissitudini l’autoritario basso grado di manovalanza affrontato dallo Stato per risolvere le gravi problematiche sociali, e la chiesa per il suo ordinario status. Queste lo hanno portato a ragionare con attenzione, a valutare i dovuti accadimenti della vita collettiva. Affronta così attraverso importanti manifestazioni di solidarietà, sotto le forme più austere, il sociale. (Foto in alto: Simbiotica – 1963.), (foto sotto: Urgenza di spazio – 1963).
Dice il Maestro: “…quando negli stati Uniti ci sono astronauti pronti a morire per ottenere e per dare alla scienza delle qualificate e utili informazioni per difendere l’umanità, la religione bagna nel senso compiuto del termine, i calici dorati della chiesa, senza affrontare le difficoltà dirette dell’umano…” “Quel tanto di primitivo che si avverte nella materia è un audace richiamo alla fantasia, perché l’uomo a volte”, dice Caròn, “è una specie di tumore nella cellula positiva della natura. L’artista deve dunque mettere a dura prova la sua individualità, deve sollecitare la linfa vitale della sua immaginazione […]”. La religione, la scienza e il sesso sono per Caron i tre seni della moralità umana. Non si discute, bisogna rispettare con un abaco queste tre pungenti ali del sapere. Aver stima dell’autentico e dell’irraggiungibile senza vinti ne vincitori. Non dimentichiamoci appunto che il Maestro opera ancora con grande caparbietà e costanza nello splendore della sua veneranda età. Non scordiamoci ora, che anche lui è entrato nel nuovo secolo, forte e intelligente quanto prima, ma penso; più di prima. Solo dopo coscienti e meditate ricerche e soluzioni formali si è indirizzato verso l’astratto conservando tuttavia rigore e solidità anche là dove i principi di statica tradizionali vengono completamente capovolti.